La nuova Francia. Il Canada, antica colonia francese: l’emigrazione tra Ottocento e Novecento
Nel 1873 Gustave Bossange, agente del governo canadese e della linea di navigazione Allan, pubblica a Parigi un libello propagandistico in lingua italiana: La nuova Francia. Il Canada, antica colonia francese. Appello alle classi operaie . Bossange descrive il Canada come una enorme regione per gran parte di lingua e civiltà francese, dove gli italiani possono trovare tutto quello che sperano di trovare in Francia senza però la concorrenza degli operai francesi.
L’affinità linguistica e culturale è messa in grande evidenza perché la vicinanza etnica dovrebbe rassicurare i potenziali emigranti italiani. Le maggiori garanzie che il Canada può presentare in alternativa all’America Latina e la maggior brevità del tragitto in mare rispetto a quest’ultima (10 o 12 giorni invece dei 25 o 30 giorni richiesti da Brasile e Argentina) potrebbero, inoltre, costituire fattori determinanti nella scelta della meta migratoria. Nel libello di Bossange, Parigi e Le Havre sono i due punti di raccolta degli emigranti italiani. Si parte da Parigi, gare St. Lazare, alle 10.50 minuti della sera di mercoledì, si arriva a Le Havre alle 6 della mattina. Philippe Winterter, locandiere, rue de Percanville n. 20, accoglie gli emigranti al treno, li conduce al suo albergo, poi all’Ufficio del Governo canadese, al numero 51 del Quai d’Orleans. Qui l’agente del governo canadese si incarica di vidimare i contratti, di trasferire a bordo i bagagli. Nel venerdì avviene l’imbarco a Le Havre per Liverpool dove si arriva la domenica mentre, una decina di giorni dopo, si raggiunge finalmente territorio canadese.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, tuttavia, i friulani che si trasferiscono in Canada sono pochissimi. Nel triennio 1876-1878, i cancellati per “la nuova Francia” segnalati dalle autorità italiane (che aggregano emigranti “canadesi” e “statunitensi”) sono soltanto quattordici, mentre nel (quasi) quarto di secolo che trascorre dal 1879 al 1902 appena trentuno. Un anno prima, in occasione della visita a Udine del console generale d’Italia nel Canada, il friulano Giuseppe Solimbergo, il quotidiano “La Patria del Friuli” riporta alcune osservazioni del console circa caratteristiche e consistenza della comunità italiana nel paese dell’America del Nord: “I nostri emigranti sono generalmente poveri; a Montreal la colonia italiana stabile è di circa 2.000 individui; ve n’ha circa 600 a Toronto; qualche centinaio a Ottawa, meno a Quebec. Vi hanno poi dei nuclei più o meno importanti sparsi nella provincia di Ontario, a Winnipeg, nel Manitoba; e più numerosi e più densi nella Colombia inglese e specialmente nell’isola di Vancouver, dove ne sono segnalati pare erroneamente 8.000; certo però ve ne ha qualche migliaio. Impossibile determinare con qualche precisione il numero complessivo” .
Nei primi mesi del 1901 una numerosa serie di articoli apparsi sui quotidiani friulani “Giornale di Udine” e “La Patria del Friuli” dissuadono i potenziali interessati a trasferirsi nel paese dell’America del nord informandoli sulle “gravissime conseguenze” originate dall’emigrazione in Canada . Il “Giornale di Udine” riferisce i primi risultati di un’indagine avviata nel febbraio 1901 dal “Corriere della Sera” su una emigrazione numerosissima e misteriosa verso la frontiera svizzera. Gli emigranti, quasi tutti uomini, erano concentrati a Chiasso di dove poi proseguivano pel nord. A Chiasso, per conto degli agenti di una misteriosa società, firmavano un contratto per lavori da eseguirsi al Canada, dove si diceva fosse diretta quella grossa [circa 2.500] fiumana di emigranti.
Javier Grossutti