Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
 
  

L’emigrazione friulana in Francia 1820-1970

1820-1914 - Mosaicisti, terrazzieri e muratori in Francia.
Matteo Ermacora

I primi ad arrivare nella repubblica transalpina agli inizi dell’Ottocento furono piccoli gruppi di mosaicisti e terrazzieri della destra Tagliamento che si dedicarono, con procedimenti innovativi, al restauro di antichi mosaici romani e alla decorazione di palazzi pubblici e privati. L’espansione urbanistica di fine secolo richiamò anche muratori e scalpellini della zona montana e pedemontana; ad ogni modo i flussi migratori verso la Francia risultavano decisamente inferiori a quelli diretti nei vicini Imperi Centrali.

Le origini. Una meta possibile, ma secondaria
Fino al primo dopoguerra la Francia rappresentò per i lavoratori friulani una destinazione eccentrica rispetto agli sbocchi migratori degli Imperi Centrali. Stando alle statistiche ufficiali, nel periodo 1876-1915 si recarono in Francia complessivamente 19.713 emigranti, un numero esiguo (pari al 2.2%) rispetto ai flussi diretti verso le «germanie» . Sin dagli esordi l’emigrazione in questo paese rimase limitata a piccoli nuclei di operai terrazzieri e mosaicisti della destra Tagliamento che, dopo aver operato in Lombardia e in Piemonte, passarono in Francia per eseguire opere decorative in palazzi pubblici e privati. A metà dell’Ottocento il ritrovamento dei mosaici di età romana richiamò i lavoratori di Sequals per le operazioni di restauro a Montepellier, Béziers e Nîmes . La presenza degli specialisti si rafforzò progressivamente: le inchieste ministeriali degli anni 1884-1885 e 1888 segnalavano la presenza oltralpe dei terraioli e fornaciai di Fanna, degli operai stradali di Aviano, dei mosaicisti, tagliapietre e terraioli di Sequals, degli scalpellini di Travesio. La perizia di questi operai era riconosciuta ed apprezzata, tanto che in questo periodo alcune squadre cominciarono a dirigersi in Germania, Olanda, Danimarca e negli Stati Uniti .
La dinamicità dell’industria musiva friulana in Francia nella seconda metà dell’Ottocento è senza dubbio legata al successo imprenditoriale di Gian Domenico Facchina; nato a Sequals nel 1826 e formatosi tra Trieste e Venezia, Facchina a metà del secolo si trasferì a Montpellier dove si impegnò nel restauro di pavimenti antichi sperimentando un innovativo procedimento che - permettendo un considerevole abbassamento dei costi di produzione e la rapida esecuzione dei lavori - gli assicurò l’ampliamento delle commesse. La capacità di unire tecniche e tradizioni artistiche romane, veneziane e bizantine gli permisero di operare nella capitale francese, dove, dopo aver partecipato all’esposizione universale del 1867, decorò il teatro dell’Opera. Sino al 1904, anno della sua morte, Facchina si divise tra i suoi laboratori di Venezia e Parigi, costituendo uno dei motori dell’emigrazione di mosaicisti e terrazzieri verso la Francia, molti dei quali - come i fratelli Odorico - dopo un periodo di apprendistato, fondarono ditte autonome operando in altre città francesi . L'espansione del settore delle decorazioni musive sollecitò la costituzione di numerose ditte familiari nell’ultimo decennio dell’Ottocento ed ampliò l’area di specializzazione di partenza, interessando i distretti di Pordenone, Sacile e Spilimbergo .
I flussi stagionali di terrazzai, mosaicisti e decoratori si intensificarono nel corso del primo decennio del Novecento, come registra l’inchiesta condotta dall’Ispettore del Lavoro Guido Picotti nel 1909; tuttavia, alla svolta del secolo agli specialisti si unirono squadre di muratori e di scalpellini provenienti dall’area montana del pordenonese e della Carnia. I tagliapietra di Forni di Sotto partirono infatti negli anni 1898-1899 verso le miniere della Lorena e Parigi, dove costruirono le stazioni della metropolitana . Le relazioni dei parroci della Diocesi di Udine del periodo 1911-1914 confermano come l’emigrazione verso la Francia abbia ormai coinvolto anche gli edili della zona pedemontana (Venzone, Pioverno, Montenars, Alesso) e della stessa Carnia (Verzegnis-Chiaicis, Lauco, Ampezzo, Raveo, Enemonzo) . Oltre ai mestieri «classici», il parroco di Ampezzo segnalava nel 1911 la migrazione di sarti per Marsiglia e Parigi , mentre alcuni gruppi di fornaciai di Artegna e di Buja e del medio Friuli si dirigevano in Alsazia-Lorena, muovendosi lungo la contrastata linea di confine franco-tedesca.
Tra Otto e Novecento la Francia si affermava quindi come una tra le possibili mete dell’ emigrazione friulana, ma rimaneva soprattutto una zona di passaggio per coloro che, raggiunti i porti francesi, salpavano verso il Canada. Ciononostante, seppur filtrati dalla stampa o dalle voci dei pochi operai che vi si dirigevano, gli echi di quanto avveniva nel paese transalpino giungevano sino in Friuli, basti pensare all’ascesa del movimento sindacale francese, agli episodi xenofobi contro gli operai italiani ad Aigues Mortes nel 1893, oppure ancora al caso dello sfruttamento dei piccoli vetrai .


            

Data pubblicazione 09/07/2013 10:23:00