Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
 
  

L'emigrazione dal Friuli Venezia Giulia negli Stati Uniti

La maggioranza sono terrazzai e mosaicisti, vengono quindi i muratori, manovali compresi; in terzo luogo gli operai industriali e minatori ed infine i fornaciai e contadini". Così, nel 1931, un sacerdote friulano, don Luigi Ridolfi, descriveva la presenza friulana negli Stati Uniti d'America. In quegli anni, i terrazzieri friulani avevano raggiunto ogni angolo del paese, e molti di loro avevano avviato aziende di loro proprietà, e realizzato opere di pregio in importanti luoghi pubblici e nelle dimore private più prestigiose.

La maggioranza sono terrazzai e mosaicisti, vengono quindi i muratori, manovali compresi; in terzo luogo gli operai industriali e minatori ed infine i fornaciai e contadini". Così, nel 1931, un sacerdote friulano, don Luigi Ridolfi, descriveva la presenza friulana negli Stati Uniti d'America. In quegli anni, i terrazzieri friulani avevano raggiunto ogni angolo del paese, e molti di loro avevano avviato aziende di loro proprietà, e realizzato opere di pregio in importanti luoghi pubblici e nelle dimore private più prestigiose.

L’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti aveva allora già cinquant’anni di storia: negli ultimi vent’anni dell’Ottocento e nei primi quindici del Novecento milioni di italiani affluirono nel grande paese, provenienti in gran parte dalle regioni meridionali, registrati al loro arrivo come braccianti agricoli e manovali, impiegati in lavori pesanti, poco remunerati e oggetto di pregiudizi sociali. Una minoranza, meno del 20%, sono artigiani qualificati; tra questi, sono conosciuti e apprezzati i mosaicisti e terrazzieri friulani, manodopera altamente specializzata, ricercata e remunerata. Dalla montagna friulana e dalla pedemontana, specialmente da quella occidentale, mosaicisti, terrazzieri, scalpellini, tagliapietre e minatori partono per gli Stati Uniti tra Otto e Novecento, diffondendosi in ogni angolo del paese e inaugurando un tipo di emigrazione prolungata, non più stagionale. Nel 1888 essi creano la più antica associazione sindacale italiana a New York, la "Mosaic and Terrazzo Workers”. Una tradizione che non si interromperà neppure con lo scoppio della prima guerra mondiale, e che andrà consolidandosi nel tempo. “A Sequals, si nasce, a Spilimbergo si impara, via per il mondo si lavora” scrive Orio Vergani sul Corriere della Sera del 10 giungo 1930 in un articolo sui mosaicisti di Sequals: “Strana cosa, in così piccoli paesi, sentir, con tanta facilità, parlare di città lontanissime". Dall’altra parte dell’oceano “I friulani fanno certamente da soli un grande villaggio, come Gemona e Maniago” gli fa eco don Ridolfi, descrivendo nello stesso periodo la comunità friulana a New York.
L’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti aveva allora già cinquant’anni di storia: negli ultimi vent’anni dell’Ottocento e nei primi quindici del Novecento milioni di italiani affluirono nel grande paese, provenienti in gran parte dalle regioni meridionali, registrati al loro arrivo come braccianti agricoli e manovali, impiegati in lavori pesanti, poco remunerati e oggetto di pregiudizi sociali. Una minoranza, meno del 20%, sono artigiani qualificati; tra questi, sono conosciuti e apprezzati i mosaicisti e terrazzieri friulani, manodopera altamente specializzata, ricercata e remunerata. Dalla montagna friulana e dalla pedemontana, specialmente da quella occidentale, mosaicisti, terrazzieri, scalpellini, tagliapietre e minatori partono per gli Stati Uniti tra Otto e Novecento, diffondendosi in ogni angolo del paese e inaugurando un tipo di emigrazione prolungata, non più stagionale. Nel 1888 essi creano la più antica associazione sindacale italiana a New York, la "Mosaic and Terrazzo Workers”. Una tradizione che non si interromperà neppure con lo scoppio della prima guerra mondiale, e che andrà consolidandosi nel tempo. “A Sequals, si nasce, a Spilimbergo si impara, via per il mondo si lavora” scrive Orio Vergani sul Corriere della Sera del 10 giungo 1930 in un articolo sui mosaicisti di Sequals: “Strana cosa, in così piccoli paesi, sentir, con tanta facilità, parlare di città lontanissime". Dall’altra parte dell’oceano “I friulani fanno certamente da soli un grande villaggio, come Gemona e Maniago” gli fa eco don Ridolfi, descrivendo nello stesso periodo la comunità friulana a New York.

Javier Grossutti


            

Data pubblicazione 29/10/2013 16:45:00