Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
 
  

Verso nord e oltre oceano. Viaggi di migranti friulani

In occasione della manifestazione "Fuorirotta" (www.vicinolontano.it) si è svolto a Udine un incontro organizzato in collaborazione con l'AMMER e l'Ente Friuli nel mondo.

Il viaggio è per i migranti una soglia che introduce a una nuova vita e viene ricordato sin nei minimi particolari. È il tempo della riflessione, della nostalgia che segue il distacco dalla famiglia e dalla propria terra, della sofferenza fisica, della solitudine e dell’ansia per quello che li attende in un mondo sconosciuto. Ma è anche il tempo della scoperta dell’altro, della libertà, del benessere o addirittura della festa.
Antonio Giusa ha commentato con l’antropologo Gian Paolo Gri una serie di immagini e testimonianze audivisive provenienti dall’Archivio multimediale della memoria dell’emigrazione regionale (www.ammer-fvg.org), di cui è coordinatore. E' stato poi presentato il documentario Farcadice - Diari di viaç: Charleroi (2006) di Carlo Della Vedova e Luca Peresson.

Di seguito una riflessione di Antonio Giusa

Le testimonianze orali e audiovisive, le fotografie ed i documenti conservati negli archivi privati, le scritture autobiografiche sono fonti importanti per arricchire la storia delle migrazioni. E proprio per dare la parola ai protagonisti dell’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia è nato nel 2005 l’AMMER (Archivio Multimediale della Memoria dell’Emigrazione Regionale) che raccoglie a tutt’oggi 720 interviste, oltre 2100 profili e più di 14.500 fotografie, tutti in formato digitale e disponibili nel sito internet www.ammer-fvg.org.
AMMER è un’iniziativa della Regione realizzata in collaborazione con le Università di Udine e Trieste per valorizzare, nell’ambito del più vasto patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, le storie di vita delle persone che nel corso di un secolo, a partire dagli anni ‘70 dell’Ottocento, hanno lasciato queste terre per recarsi all’estero. AMMER collabora con altri archivi ed istituzioni, regionali e non, come ad esempio l’Archivio Diaristico nazionale, fondato venticinque anni orsono da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo, e l’Ente Friuli nel Mondo dal cui archivio fotografico sono state tratti alcuni dei materiali che si sono stati presentati a “Fuorirotta”.
Il viaggio che rappresenta il distacco dalla famiglia, dalla casa, dagli amici, dalle abitudini è uno dei momenti decisivi dell’esperienza migratoria. Ma non c’è un solo viaggio nella vita dei migranti; spostamenti intermedi e rientri temporanei prima di scegliere una destinazione definitiva, visite periodiche alla famiglia ed ai luoghi di origine, soprattutto per coloro che vivono in Europa, e rientri definitivi sono altrettante occasioni di viaggio che si ripetono numerose.
Nella storia dell’emigrazione friulana i viaggi più antichi, quelli dei cramârs, venivano fatti il più delle volte a piedi, poi, con lo sviluppo della rete ferroviaria dell’Impero asburgico, seguirono i viaggi in treno e nel caso di mete transoceaniche quelli in nave, con vapori per uso promiscuo utilizzati per il trasporto di merci e persone, o con piroscavi per soli passeggeri. Infine i più comodi e rari viaggi in aereo che datano invece a partire dagli anni ’50.
A “Fuorirotta” si è proposto un paradigma del viaggio in nave che, nel caso degli emigranti friulani, inizia ben prima dell’imbarco. È un avvicinamento lento che, una volta presa la decisione, spesso a seguito di una corrispondenza con parenti e amici che già si trovavano all’estero, prevede l’espletamento di pratiche burocratiche (passaporto e biglietto), l’eventuale vendita di beni e poi, finalmente, il primo segmento di viaggio fino ai porti di Genova o Trieste. Pur non essendo sprovveduto, per l’emigrante spesso adolescente che “sapeva la strada” indicatagli da chi lo aveva preceduto, si tratta sovente di una serie di prime volte. La prima volta che si sale su un treno, la prima volta che si vedono il mare, le banane, le persone che hanno un altro colore della pelle e via enumerando una serie di scoperte.
Gli emigranti arrivavano per tempo nel porto di partenza e dovevano risolvere il problema del o dei pernottamenti. Poi la partenza, all’euforia del cambiamento subentra la nostalgia che lascia in seguito il posto ad una solitamente scomoda vita a bordo caratterizzata, soprattutto a cavallo far Ottocento e Novecento, da scarsa igiene, alte percentuali di morbilità quando non addirittura di mortalità, promiscuità e da altri inconvenienti. Sofferenza fisica, solitudine e ansia per quello che li attende in un mondo sconosciuto non sono però le uniche sensazioni che accompagnano il viaggio degli emigranti che è per loro anche il tempo della libertà o addirittura della festa. Le compagnie di navigazione che lucravano sulla loro condizione prevedevano anche dei momenti ludici con spettacoli pirotecnici, come annota l’attento e sensibile reporter Edmondo De Amicis nel suo “ Sull’Oceano” o la tradizionale festa per il passaggio dell’Equatore, riservata a coloro che cambiavano emisfero ai quali negli scali africani o asiatici toccavano anche le prime prove di incontro con l’”altro” da sé.
L’arrivo nel porto di destinazione il più delle volte non concludeva il viaggio dell’emigrante. Seguivano infatti le soste più o meno lunghe nelle strutture loro destinate dai paesi di immigrazione, come Ellis Island a New York o l’Hotel de los Inmigrantes a Buenos Aires, ed ancora il viaggio in treno o con altri mezzi di trasporto per giungere finalmente a destinazione.


            

Data pubblicazione 11/07/2013 14:28:00