Svizzera
Data di partenza:
1949
Luogo di origine:
Forni Avoltri
Luogo di destinazione:
Mestiere:
Viaggio:
Piedi
Da Murators pp. 135-142
Era luglio. L’anno, il 1949. Avevo diciannove anni. Partii per l’Austria come boscaiolo, assieme ad altri quaranta, tutti di Forni Avoltri. Ci dirigemmo verso il passo di Monte Croce Carnico, per poi superarlo e approdare in Carinzia. Appresso avevamo tutti gli attrezzi del mestiere, quelli che ci sarebbero serviti per il lavoro che ci avevano commissionato, il disboscamento della vallata del Gail, dieci ore di lavoro al giorno, mezza giornata il sabato, venticinquemila lire al mese. In una radura costruimmo i nostri alloggi, con travi di legno rivestite di corteccia. Lì consumavamo la nostra abbondante colazione, a base di pane e latte, e da lì partivamo per il bosco, alle sette di mattina, per rientrare quando ormai quasi si faceva sera, dopo esserci lavati nell’acqua gelida di quei torrenti. Era un lavoro pesante, soprattutto se svolto come accadeva a noi con gli attrezzi tradizionali, ai quali più tardi si aggiunse una motosega, un metro e venti di lama, un macigno. Si tagliava, e una volta finito il taglio, in autunno, si faceva scendere il legname a valle attraverso dei canali. Si faticava, e poteva capitare che ci sorprendessero il freddo o un’improvvisa nevicata, di quelle vere, da un metro e mezzo, tanto da costringerci a costruirci delle racchette da nave per scendere a valle a fare la spesa. Eppure, nonostante la fatica, c’erano anche i momenti in cui ci si divertiva. Ricordo il nostro cuoco, un certo Pecos di Sigiletto. Con le poche materie prime di cui disponeva, non gli parve vero un giorno di poter avere tra le mani un montone, tutto per sé. Eravamo scesi a valle per comprarlo, l’affare si era fatto e appena tornati al cantiere lo legò ad un palo accanto alla cucina. Come, rimase sempre un mistero, ma fatto sta che l’animale riuscì a fuggire e con lui sembrava scomparsa anche la nostra agognata cena. Tuttavia non passò molto tempo che sentimmo uno sparo e poi scorgemmo una sagoma con qualcosa sulle spalle avvicinarsi a noi. Era il guardiacaccia austriaco, che ci aveva salvato “caprone e cavoli”. L’anno successivo, nel 1950, ci recammo invece in Stiria, dove vigevano ancora l’occupazione post-bellica ed il coprifuoco. Purtroppo le cose non si misero bene per noi visto che portati i tronchi a valle fallì l’impresa e dovemmo fare mestamente ritorno a casa, dopo lunghe trattative per pochi scellini austriaci. Quasi per tre anni poi lavorai nel bosco a Forni Avoltri, ma nel 1953 tornai all’estero, in Svizzera, grazie ad un’offerta di lavoro di cui mi mise a conoscenza un mio compaesano, Marcello Toch, che già si trovava lì. Si trattava di un lavoro da muratore nel canton Aargau, presso al ditta Walter Holleweger. Prima di partire ci fecero fare le visite mediche a Chiasso, poi, iniziai presso un cantiere dove era in costruzione una fabbrica. Fui all’inizio inquadrato come manovale, forse perché volevano capire le capacità dei nuovi arrivati. (segue nell'allegato)